Tutti gli alpini veronesi lo conoscono perché da parecchi anni presiede l’Assemblea annuale dei Gruppi; tanti lo ricordano come comandante del IV Corpo d'Armata; in molti hanno letto i suoi articoli su “Il Montebaldo”; non tutti sono a conoscenza che il cappello alpino portato dal Papa Giovanni Paolo II, in occasione dell'indimenticabile adunata nazionale del 1979 era il suo; pochi sanno che questo illustre socio, che fa onore alla nostra Sezione, riceve il bollino annuale dal Gruppo di Calmasino.
Per chi non sapesse da dove deriva tanto meritato prestigio, riporto un “curriculum vitae”, mostrando in sintesi il percorso che ha condotto un diciannovenne sottotenente di artiglieria - protagonista nella Lotta di Liberazione - ai vertici delle FFAA.
Il generale Giorgio DONATI è nato a Moncalieri (Torino) il 7 marzo 1924. Allievo della Scuola Militare di ROMA (1939-41) e della R. Accademia di Artiglieria e Genio di TORINO (1941-43), dopo la nomina a Sottotenente, nel marzo 1943 ha partecipato nell’ultimo conflitto mondiale alla Guerra di Liberazione (1943-45) come capo pattuglia O. C. e comandante di plotone mortai del btg. alp. « Piemonte » nel Corpo Italiano di Liberazione e, successivamente, nel Gruppo di Combattimento « Legnano ». Nel 1944 è stato ferito in combattimento nel corso delle operazioni per la conquista di Monte Marrone; ha inoltre conseguito un Encomio solenne per l’azione in VaI Canneto (Parco Nazionale degli Abruzzi).
Nel dopoguerra e sino al 1955 ha prestato servizio nei gradi di Tenente e Capitano in Alto Adige nei Gruppi di Artiglieria da montagna « Bergamo » e « Vicenza ». Ha frequentato la Scuola di Guerra e l’Istituto Stati Maggiori Interforze, oltre a numerosi corsi nazionali e NATO. Comandante del Gruppo di Artiglieria da montagna « Susa » della Br. alp. « Taurinense » negli anni 1960-61, ha successivamente comandato il 3° Rgt. da mont, « Julia » (1969-71), la Br. alp. « Cadore » (1974-75) ed il 4° Corpo d’Armata Alpino (1980-81).
Quale Ufficiale di Stato Maggiore ha ricoperto numerosi importanti incarichi, tra i quali: Capo Sez. Addestramento e Manovre del Comando FTASE (1961-65); Capo di Stato Maggiore della Br. alp. « Tridentina » (1965-69); Capo Ufficio Addestramento del Comando FTASE (1971-73); Capo di Stato Maggiore del V Comando Militare Territoriale (1975-76); Capo di Stato Maggiore del Comando FTASE (1976-80).
Promosso Generale di Corpo d’Armata il 10 febbraio 1980, ha comandato il Corpo d’Armata Alpino sino al 30 novembre 1981 e successivamente la Regione Militare Nord Est sino al 26 aprile 1983. Nel maggio 1983, in un periodo particolarmente difficile sull’orizzonte internazione (ma anche su quello interno) è tornato a Verona per assumere il Comando delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (FTASE), fino al 15 maggio 1987. Il 30 giugno 1985 è stato nominato Presidente del Consiglio Superiore delle Forze Armate.
E’ stato insignito di due Croci al Merito di Guerra, della Medaglia d’Oro al Merito di lungo comando e della Medaglia Mauriziana. Dal 1978 è Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica. Il 24 aprile 1986 gli è stata conferita “LA LEGION OF MERIT” dal Presidente degli Stati Uniti d’America. Dal congedo (maggio 1987) è socio ANA della Sezione di Verona.
La “penna” la usa molto bene anche nello scrivere, lo troviamo spesso sulla stampa alpina, dove commemora fatti e personaggi, ma non ama raccontare sé stesso. Da ricordare le sue appassionate lettere in difesa della naja alpina e delle “sue” Brigate ridimensionate o soppresse.
Per concludere riporto uno stralcio di quanto scritto su di lui, dal nostro giornale sezionale, nel 1980 “Il sorriso che illumina il Suo viso di grande galantuomo, la tranquilla sicurezza che emana dalla Sua forte personalità di Artigliere da Montagna” . C'è da chiedersi come la Sezione di Verona non abbia saputo cogliere l'occasione di avere un Presidente di così alto spessore.
(Quanto precede è stato raccolto da "Il Montebaldo", a partire dal 1980; mi scuso per eventuali omissioni o inesattezze. Angelo Mancini)
65° ANNIVERSARIO DI MONTE MARRONE
Il 31 marzo ricorre il 65° anniversario dalla conquista di Monte Marrone, da parte degli alpini del battaglione "Piemonte", del "1° Raggruppamento Motorizzato Italiano", che si era costituito dopo l'8 settembre, e aveva già partecipato alla conquista di Monte Lungo. Il brillante esito dell'azione fece emergere l'esperienza e la superiorità tecnica degli italiani nella guerra in montagna; superato ogni residuo dubbio, gli alleati - il 17 aprile - acconsentirono alla trasformazione del "raggruppamento" in "Corpo Italiano di Liberazione" (C.I.L.), che partecipò alla liberazione del centro Italia. Il 30 agosto 1944, il "C.I.L." fu sciolto e sostituito dalla formazione di "Gruppi di Combattimento".
Riporto quanto scritto dal Gen. G. Donati nel 1994, a 50 anni dall’evento, rivolgendosi agli Alpini e agli Artiglieri Alpini del Battaglione "Piemonte".
Cinquanta anni sono trascorsi da quel marzo del 1944 che vide una lunga autocolonna muovere dalla Puglia per portarci in zona di combattimento, alle sorgenti del Volturno, appena ad oriente dell’inferno di Cassino. Gli Alpini arrivano con un ben preciso compito: occupare il bastione di Monte Marrone che, con i suoi 1770 metri, domina la valle del Volturno e rappresenta il più pericoloso osservatorio dal quale i tedeschi sorvegliano il settore franco-talo-polacco.
L’Ordine di Operazione n. 395 del 28 marzo ‘44 del comando Fanteria del Corpo Italiano di Liberazione recita testualmente “... Il giorno 31 marzo, alle ore 03.30, il Battaglione Alpini “Piemonte” occuperà di sorpresa Monte Marrone... L’occupazione della linea di cresta avrà valore di posizione di resistenza da tenere ad ogni costo contro reazioni avversarie…
”Voi non avete bisogno che io descriva nei particolari la storia di quei giorni e di quelli successivi dell’aprile e del maggio (occupazione e difesa di Monte Marrone, attacco e penetrazione dal Balzo in Val di Canneto, nel cuore del Parco Nazionale degli Abruzzi). Perché ciascuno di voi ha ben scolpiti nella memoria i sacrifici e i timori di quei momenti, e la morsa del gelo e le raffiche dei mitragliatori ed il sibilo e l’esplosione delle granate in arrivo. Ma il ricordo va anche ai gesti di amicizia profonda, agli atti di vera e sentita solidarietà, ai momenti di pausa nel silenzio sotto il cielo stellato, parlando sottovoce con l’amico delle famiglie lontane o dei progetti per il futuro, a guerra finita.
Un solo punto vorrei sottolineare: gli Alpini della 1a.2a, 3a compagnia “Piemonte” seppero in silenzio occupare la linea di cresta ed in silenzio tenerla “ad ogni costo” contro due assalti tedeschi (ricordate la notte di Pasqua, il 10 aprile 44? Quella sì fu una “notte di fuoco”!). E in prima linea con gli Alpini fece sentire la sua voce anche il Terzo Pezzo Ardito della Batteria Piemonte, schierata con i rimanenti tre pezzi da 75/13 sull’affilata ed aerea cresta del Monte Castelnuovo.
Grazie, amici Alpini, per quanto avete generosamente dato, senza nulla chiedere. Facendo il vostro dovere avete reso, forse senza saperlo, un enorme servizio all’ Italia; avete mostrato agli Alleati che nello sfacelo morale e nel marasma generale del momento, vi erano ancora degli Italiani determinati a rischiare la pelle per la liberazione della loro Patria. E cito qui, a titolo di esempio, come simbolico rappresentante dei nostri Caduti, il Tenente di Artiglieria Alpina Enrico Guerriera, Medaglia d’Oro alla Memoria, caduto l’11 maggio su Monte Mare, dopo essersi volontariamente unito ad una pattuglia di combattimento di Bersaglieri.
Dopo i nostri Caduti salutiamo anche il nostro Comandante Maggiore Alberto Briatore e tutti i nostri Commilitoni che sono già “andati avanti”. Sono certo che il 31 marzo, nel Paradiso di Cantore, il “vecio burbero” Briatore avrà commemorato con tutti i “suoi” Alpini, gli avvenimenti di quei giorni duri ma indimenticabili. Ed anche noi abbiamo il dovere di continuare a parlarne ai nostri figli ed ai figli dei nostri figli, perché i valori essenziali per i quali abbiamo combattuto e nei quali ancora fermamente crediamo non siano sommersi dalla marea montante del materialismo e dell’ indifferenza.
A voi tutti, Alpini ed Artiglieri del “Piemonte” ovunque voi siate, giunga con questo ricordo, l’abbraccio grato e sincero di un “bocia” appena ventenne, che da voi ha imparato umanità, senso del dovere, solidarietà alpina, capacità di stringere i denti e non fermarsi mai.
A voi ed ai vostri cari pace, serenità, buona salute! Arrivederci a Monte Marrone per cantare “lur a crdiu d’truvé d’pasta frola, e invece a l’an truvà na piuma bin piantà”! (Giorgio Donati già s. ten. alp. Btg. Alp. “Piemonte” capo pattuglia O.C. su Monte Marrone)
IL CAPPELLO DEL "PAPA ALPINO"
(da "L'ALPINO" - giugno 2005 - Giorgio Donati)
Maggio 1979, Roma – 52ª Adunata nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini. Piazza San Pietro è gremita di alpini convenuti da tutt’Italia per la "Messa al campo" celebrata da Papa Giovanni Paolo II sul sagrato della maestosa Basilica. Sul lato destro dell'altare è schierata la presidenza dell'ANA con un gruppo di generali alpini. Tra i quali il sottoscritto.
Vicini al termine della solenne celebrazione, il segretario del Papa si rivolge al generale Marchesi, decano degli ufficiali alpini, chiedendo un cappello alpino che il Papa desidera indossare per la benedizione finale. Il generate Marchesi, con un perentorio "dame l'to capel" (mi parlava sovente in piemontese) afferra il cappello che io gli consegno non senza titubanza e lo passa all'alto prelato. Non nascondo la mia preoccupazione. Riuscirò a recuperare il mio cappello? O dovrò sfilare per Roma senza cappello alpino, anche perché non è facile acquistarne uno la domenica a Roma!
Quando il Papa, a conclusione della Messa, impartisce la benedizione "urbi et orbi" con il mio cappello alpino in testa, le decine di migliaia di alpini presenti esplodono in una lunghissima ed entusiastica acclamazione. È uno spettacolo dl intensa e forte tensione emotiva. Poco dopo Giovanni Paolo II si avvicina a noi ed i miei timori svaniscono; ha in mano il mio cappello e me lo restituisce con queste parole. "Molte grazie! Lei avrà ora un cappello benedetto!", il suo sguardo mi colpisce; ha occhi di un azzurro intenso e sorridenti, con una luce profonda. Sono emozionatissimo e non riesco a dire altro che: " Grazie a Lei, Santità”.
Al mio rientro a Verona, dopo la narrazione di questa toccante esperienza, mia moglie si affrettò a porre il cappello alpino, subito definito "cappello del Papa", sulla testa dei tre nipotini a titolo di devozione e di benedizione. A distanza di ventisei anni, quell'incontro conserva per me il sapore di un momento magico impresso nel mio animo e nei miei ricordi in modo indelebile. Grazie, Giovanni Paolo, un piccolo modesto grazie ad un grande Papa!
Un Papa alpinista che amava le montagne come maestosi altari naturali per avvicinarsi a Dio. Gli Alpini d'Italia oggi pregano perchè il Signore delle cime lo lasci ancora andare per le Sue Montagne, quelle del Paradiso.
Ho trovato interessante e segnalo questo sito, che ci presenta un giovane Giorgio Donati, desideroso di entrare in azione: